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Bagnoud François-Xavier

Il 14 gennaio 1986 durante l’ottava edizione del famoso rally automobilistico Parigi-Dakar si verificò un gravissimo incidente che costò la vita a cinque persone. Tra loro c’era il giovane pilota d’elicottero François-Xavier Bagnoud di appena 23 anni. Ecco in sintesi la sua storia.

Figlio di Bruno Bagnoud, storico fondatore della società Air Glaciers, e della contessa Albina du Boisrouvray, François-Xavier nacque a Ginevra l’11 settembre 1961. I genitori si conobbero a Crans, Canton Vallese (Svizzera), dove il padre di lei aveva acquistato uno chalet. La bella straniera e lo sportivo vallesano come in un romanzo si incontrarono, si innamorarono e si sposarono. Dopo il matrimonio andarono a vivere al campus dell’università degli sportivi di Macolin dove Bruno Bagnoud stava completando la sua formazione professionale quale maestro di sport. Il padre di lei (un ex-pilota della RAF durante il secondo conflitto mondiale) visto che Bruno Bagnoud aveva già contratto il virus dell’aviazione (passione che la giovane moglie condivideva con lui), per il loro matrimonio gli regalò un apparecchio Piper Super Cub. Fu su questo aereo che già da piccolo François Xavier compì i primi voli. L’infanzia di quest’ultimo fu molto particolare per il fatto che la madre era figlia unica del conte Guy de Jacquelot di Boisrouvray, cugino di primo grado del principe Ranieri III di Monaco e di Luz Mila Patiño Rodríguez. La famiglia di lei aveva fatto un’enorme fortuna in Bolivia principalmente svolgendo attività nel campo minerario. Il bisnonno di François-Xavier Simón Iturri Patiño fu soprannominato il Rockfeller delle Ande e fu per un periodo uno degli uomini più ricchi al mondo. Dopo che i suoi genitori si trasferirono da Macolin a Echandens nei pressi di Losanna il piccolo François-Xavier di tanto intanto osservò suo papà atterrare in un prato non lontano da casa con l’aeroplano. Per un bambino vedere il proprio padre scendere dal cielo in quel modo originale fu senz’altro un’indescrivile emozione.

Durante il periodo invernale i genitori si trasferivano a Crans, e fu così che François-Xavier compì i primi voli in elicottero insieme a Hermann Geiger. Albina ricorda che da bambino niente attraeva François-Xavier di più degli elicotteri giocattolo.
Dopo la separazione dei genitori il padre continuò ad occuparsi della gestione della Air Glaciers mentre la madre si trasferì con François-Xavier a Parigi dove frequentò l’American school ottenendo il suo diploma di maturità.
Durante le vacanze scolastiche mamma e figlio si recavano spesso in Vallese cosicché lui potesse star vicino al papà. Attratto dall’aviazione passava intere giornate all’aeroporto a stretto contatto con il personale e gli apparecchi dell’Air Glaciers.
Una parte del tempo la passava invece con la famiglia reale del principe Ranieri III di Monaco, insieme ai cugini Caroline, Alberto e Stéphanie.
François-Xavier da adolescente entrò in stretto contatto con il mondo del cinema dopo che sua madre, già giornalista freelance, divenne una produttrice cinematografica. Tra il 1969 e il 1986 attraverso la sua casa produttrice Albina Productions produsse 25 film con attori del calibro di Gérard Depardieu, Philippe Noiret, Catherine Deneuve, Romy Schneider, e Sophie Marceau solo per citarne alcuni.
François Xavier al termine della formazione secondaria ottenne la licenza di pilota d’aeroplano e poi nel 1979 iniziò la sua formazione universitaria quale ingegnere aerospaziale presso la School of Aerospace Engineering di Ann Arbor, Michigan. Negli Stati Uniti, come lui stesso affermò, si trovò benissimo. Oltre a seguire i suoi studi fondò il ramo studentesco dell'American Helicopter Society e scrisse il testo "Helicopter Theory for Private Pilots" utilizzato da molti allievi piloti per prepararsi all’esame di pilota privato.

Mentre si trovava negli Stati Uniti ebbe modo di volare con aeroplani ed elicotteri.
Nel 1982 terminò la formazione laureandosi in ingegneria aerospaziale.
Dopo la laurea, François abbracciò con entusiasmo l’attività aviatoria unendosi a suo padre. A 23 anni divenne il più giovane pilota professionista IFR (Instrument Flight Related) sia per gli aerei sia per gli elicotteri.
Fu Jean-Jéròme Pouget, storico pilota dell’Air Glaciers, ad istruirlo al pilotaggio degli elicotteri. Come ricorda nel libro « Mémoirs d’Air Glaciers – Les incroyables histoires d’une enterprise née pour sauver » FX fu il suo primo allievo pilota. Descrivendo quest’ultimo afferma che «era un ragazzo molto dotato ed intelligente e al tempo stesso di una grande semplicità e di un’incredibile gentilezza. Era un altruista e un gran lavoratore, e avrebbe sicuramente avuto successo in qualsiasi ambito professionale. Sono convinto che il salvataggio aereo era la sua vera vocazione. Di lui conservo un ricordo luminoso».

Pilota d’Air Glaciers

Entrato a far parte del team dell’Air Glaciers, nel corso del 1985 si occupò tra le altre cose dell’organizzazione del servizio informatico della compagnia. Avrebbe dovuto secondo i piani prendere le redini della società quel giorno che suo papà avrebbe deciso di delegare una parte delle sue responsabilità.
A proposito del mestiere di pilota d’elicottero affermò in un’intervista che «Volare è veramente fantastico, per me significa avventura, libertà. La conquista dell’aria è qualcosa di assolutamente affascinante. Quello del pilota è un mestiere appassionante. Oltre al piacere di volare ci si rende utili, e poi si osserva subito il risultato del lavoro, che si tratti del rifornimento di una capanna, di trasporto di beton oppure di salvataggi. Il mestiere di pilota di linea non sarebbe altrettanto soddisfacente per me».

All’epoca il giovanotto cercava anche di dare il suo contributo nella gestione di una catena di hotels (due a Givevra e uno a Basilea) di proprietà della madre. La pianificazione, l’organizzazione e la gestione erano compiti che lo appassionavano e per i quali si era preparato bene negli Stati Uniti frequentando un corso in Master of business administration.
Si definiva un solitario ma non un individualista. Essere solitari significava per lui partire per cercare sé stessi. «Personalmente so dove sto andando. Ho sempre saputo quello che volevo fare e quando lo volevo fare. L’importante nella vita è fissare delle tappe, degli scopi e degli obiettivi da raggiungere. Quando tutto è pianificato allora si può partire e iniziare a sognare, e quando si sogna bisogna sognare in grande».
Continuare a volare era per lui un’assoluta necessità. Avrebbe poi voluto lanciarsi nel mondo degli affari in differenti settori.
François-Xavier soprannominato il «piccolo principe delle montagne» era benvoluto da tutti, e si muoveva con naturale disinvoltura in ogni circostanza, sia che si trovasse in ambienti esclusivi sia in montagna a contatto con i pastori delle greggi. Aveva una naturale predisposizione al contatto con le persone, ed una grande gentilezza.
Era cosciente del fatto di essere un privilegiato, ma in Vallese, tra le montagne, si sentiva molto a suo agio perché, come lui affermava, l’ambiente era sano, genuino anche se a volte duro. In Vallese incrociava il sorriso delle persone che erano felici anche con poco.

La Parigi-Dakar e il misterioso incidente

Intervistato nell’aprile del 1985 dal giornalista Hervé Valette a proposito della Parigi-Dakar affermò che « E’ un’esperienza fantastica! E’ una nuova avventura ma anche l’occasione per fare nuovi incontri appassionanti, delle esperienze e delle belle sensazioni. La Parigi-Dakar non si racconta, si vive». Quell’anno ebbe l’occasione di pilotare un aeroplano che assicurava la logistica di suo cugino il principe Alberto di Monaco che partecipò alla gara.
François Xavier Bagnoud nacque sicuramente sotto la buona stella, ma purtroppo la buona fortuna lo abbandonò la sera del 14 gennaio 1986.
In occasione dell’ottava edizione del celebre rallye Parigi-Dakar fu ingaggiato per pilotare l’elicottero AS 350B Ecureuil F-GEAM della Heli France impiegato dagli organizzatori per effettuare voli di collegamento, riprese televisive, soccorsi e trasporto di materiale.

Quel giorno François Xavier Bagnoud compì dei voli con l’elicottero. Alle 17.00 il sole stava ormai lentamente tramontando e le condizioni meteorologiche peggioravano progressivamente, con il vento che stava nuovamente aumentando dopo essersi calmato durante il pomeriggio.
Alle 17:15 l'elicottero sul quale si trovavano Thierry Sabine, l'ideatore della corsa, il celebre cantante francese Daniel Balavoine, la giornalista Nathaly Odent e Jean-Paul Le Fur un tecnico radio decollò da Gao e seguì il fiume Niger per raggiungere il bivacco di Gourma-Rharus-Rharous (Mali) arrivo dell’ottava tappa.
Verso le 18:10, con un’ora e mezza di ritardo rispetto al previsto, l’apparecchio compì un atterraggio intermedio a Gossi. Qui era infatti prevista la partenza della seconda tappa cronometrata della giornata. Thierry Sabine colse l'occasione per chiacchierare con alcuni concorrenti. Davanti a loro avevano ancora un centinaio di chilometri da percorrere. Il vento di sabbia e l'oscurità erano avanzati, il tempo iniziava a stringere.
Nonostante le difficili condizioni l’elicottero, che non era equipaggiato per volare di notte, ridecollò da Gossi per raggiungere la destinazione finale di Gourma-Rharus.
Ventun chilometri prima della destinazione il pilota decise di atterrare probabilmente costretto dalle difficili condizioni meteo. Erano le 19.00 quando Thierry Sabine sceso dall'elicottero si mise in mezzo alla pista e con ampi gesti delle braccia fermò l’automobile Lada Niva con il numero 198 che sopraggiungeva a grande velocità guidata da Pierre Lartigue e dal copilota Bernard Giroux. Con tono calmo e rassicurante Thierry Sabine gli disse di segnalare la loro posizione al campo e di informare gli organizzatori affinché gli inviassero una macchina per condurli a Gourma-Rharus.
In effetti giunti all’arrivo Lartigue e Giroux informarono subito Bernard Didelot presidente di Africatours che Thierry Sabine insieme agli altri lo stava aspettando.

L’elicottero ridecolla

Le condizioni di visibilità erano come detto tutt’altro che ideali e fuori nel frattempo si era fatto buio. In un’intervista Raoul Raymondis, un pilota di rallye francese che stava percorrendo quel tratto di pista, affermò che la visibilità era ridotta a 50-60 metri a causa della polvere e della sabbia sollevata dal vento.
Per inspiegabili motivi François Xavier Bagnoud mise in moto l’elicottero e vedendo arrivare la macchina di Charles Belveze e Jacky Giraud si alzò in volo e iniziò a seguirla. Di tanto in tanto l’equipaggio vide il faro dell’elicottero puntare l’area attorno alla vettura.
E’ probabile che il pilota utilizzasse i fari dell’automobile come riferimento visivo viste le difficili condizioni di visibilità.
Belveze e Giroud osservarono l’elicottero volteggiare dietro di loro a bassissima quota per vari chilometri.
Ad un certo punto improvvisamente l’elicottero, che volava molto velocemente, li superò sulla destra e fu allora che udirono un rumore che descrivono come un «Voooufff ». Non ci fu alcuna esplosione o principio d'incendio.

Resisi conto che l’elicottero aveva impattato il terreno a circa 30 metri sulla destra della pista che da Gossi conduce a Gourma-Rharus, Belveze e Giroud si fermarono e tornarono indietro. Alla luce dei fari videro i rottami dell’elicottero sparpagliati ovunque. Resisi conto dell’accaduto e temendo un’esplosione (nell’aria c’era un forte odore di kerosene) l’equipaggio raggiunse la meta a Gourma-Rharus che si trovava appena a 11 km di distanza per informare gli organizzatori dell’accaduto. Nel tragitto incontrarono anche l’automobile guidata da Bernard Didelot che avrebbe dovuto prendere a bordo gli occupanti dell’elicottero. Al traguardo nessuno però volle credere inizialmente a Belveze e Giroud che sembravano molto scossi.
Il tecnico radio Gerard Juany e il giornalista Dominique Fillon, accompagnati da Jacky Giraud, dopo aver sentito la terribile notizia tornarono indietro per rendersi conto di persona di quello che era successo. Alla luce dei fari ritrovarono il luogo dell’incidente. Di lì a poco di raggiunse anche Bernard Didelot che inizialmente non aveva individuato il luogo dell’incidente.
Fu subito chiaro che tutti gli occupanti erano deceduti, anche se vi era incertezza sulla loro identità. Il gruppo ritornò a Gourma-Rharus per confermare l’accaduto.
Tra i partecipanti al rallye che seppero per primi dell’accaduto c’era anche il principe Alberto di Monaco che come già detto era cugino di François Xavier Bagnoud. Per lui e per tutti i partecipanti fu un vero shock.
Poco più tardi le salme furono coperte prima di essere recuperate dall’equipe medica e portate dapprima a Gourma-Rharus e poi a Bamako prima di essere rimpatriate. Patrick Vertois socio di Thierry Sabine informò Bruno Bagnoud della perdita del figlio. Toccò a lui annunciare la terribile disgrazia alla madre.
Con le luci dell’alba la scena dell’incidente apparve nella sua drammaticità. I rottami dell’elicottero erano sparsi su una distanza di oltre 150 metri. Dalle tracce sul terreno si capì che dopo aver urtato il terreno l’elicottero si ribaltò più volte in avanti distruggendosi completamente.

Cause mai chiarite

L’incidente sollevò una vastissima commozione e fu oggetto di grande attenzione da parte dei media visto che Sabine e Balavoine erano personaggi molto famosi in Francia.
Pochi giorni dopo la tragedia, Bruno Bagnoud si recò sul luogo dell’incidente per cercare di comprendere cosa fosse accaduto. Basandosi sul diario di bordo del figlio, sostenne che Thierry Sabine (anch’egli in possesso di una licenza di pilota d’elicottero) fosse ai comandi dell'elicottero quella sera. Questa ipotesi fu però rapidamente confutata da numerose testimonianze che affermavano che Sabine non era in grado di volare di notte. Bruno Bagnoud si interrogò anche su un possibile agguato militare, dato che l'elicottero stava sorvolando una zona di conflitto tra il Mali e il Burkina Faso in quel momento, e che erano stati esplosi dei colpi verso le vetture.
Nonostante tutto, queste ipotesi non sembrano essere sufficienti a confutare la versione ufficiale e più accettata, cioè quella di un incidente causato dalle condizioni meteo. Forse anche la stanchezza giocò il suo ruolo, visto che la gara era iniziata da due settimane con dei ritmi davvero intensi per tutti i partecipanti.
Resta il grande mistero del perché il pilota abbia comunque deciso di ridecollare. Perché correre il rischio solo per pochi chilometri quando un veicolo sarebbe di lì a poco venuto a prenderli? In un articolo sull’incidente viene riportato il testo seguente : « Era risaputo che il pilota, stanco del ritmo che la Dakar implicava, fosse in rotta con Thierry Sabine. Quest’ultimo era poco incline ad applicare rigorosamente le regole di sicurezza, e il carisma e gusto per l'avventura erano talvolta considerati schiaccianti». Per molto tempo, l'unica e forse sola risposta razionale che è stata avanzata è la tesi di un’improvvisa e grave urgenza (forse una questione di vita o di morte). Fu forse il morso di serpente, la puntura di scorpione, o qualsiasi altro grave accaduto a motivare un decollo d’emergenza, nonostante l’evidente pericolo? Oppure il pilota o l’organizzatore per paura non volevano abbandonare l’elicottero nel mezzo del deserto? Fu la pressione psicologica a far prendere al giovane pilota la decisione che gli costò la vita? La risposta rimarrà per sempre un mistero custodito dal deserto del Mali.
Sull’incidente vi sono naturalmente varie altre ipotesi, anche di tipo complottista legate a questioni politiche. Una targa commemorativa è stata installata sul luogo della tragedia.

Il monito inascoltato dei genitori

Sia Bruno Bagnoud sia Albina du Boisrouvray non volevano che loro figlio partecipasse al rallye Parigi-Dakar, ma lui ormai adulto prese da solo la sua decisione. Il padre conosceva bene i rischi, e la madre certamente li immaginava. Entrambi i genitori erano concordi sul fatto che il figlio non effettuasse voli notturni. Bruno Bagnoud, che tra l’ottobre 1967 e il marzo 1968 aveva compiuto per conto delle Nazioni Unite 250 ore di volo in cinque mesi nel Mali si ricorda bene di averne parlato con François Xavier : «Il volo notturno è qualcosa di complicato, di pericoloso e occorre molta esperienza» gli disse.
La madre afferma che suo figlio era un pilota eccezionalmente dotato, ma come tutti i giovani c’era in lui la «foga della giovinezza». Nel libro «Bruno Bagnoud – Parole d’honneur» lei stessa afferma che il figlio prendeva dei rischi, ma che gli stessi erano ragionevoli, sempre calcolati.
Nel corso della sua breve vita di pilota d’elicottero, durante la quale avrebbe accumulato circa 1'600 ore di volo, il giovane oltre alle generali attività di trasporto di persone e materiale aveva compiuto oltre 300 operazioni di soccorso, una parte delle quali nelle alpi svizzere.
In qualità di pilota dell’Air Glacier ebbe l’occasione di pilotare gli elicotteri seguenti : SE 313B Alouette 2, SA 315B Lama, SE 3160 Alouette 3 e Agusta A109A. A questi si aggiunse poi anche l’AS 350B Ecureuil.
Nel 1985 il giovane pilota passò l’esame per l’ottenimento della licenza di aspirante istruttore.
Tragicamente nell’intervista rilasciata nell’estate di quello stesso anno affermò che «La vita è imprevedibile, imponderabile, un susseguirsi di avvenimenti e di imprevisti».
François Xavier è statp sepolto nel cimitero del piccolo villaggio vallesano di Le Châble, sotto Verbier.
L’incidente riportò alla memoria un’altra tragedia che aveva toccato da vicino Bruno Bagnoud e la famiglia di Air Glaciers che il 6 giugno 1968 aveva perso un incidente d’elicottero un altro giovanissimo pilota, l’allora 23enne Jean-Pierre Allet, vittima di una grave imprudenza.

In memoriam

La perdita del figlio fu per Albina e Bruno e tutta la famiglia un colpo tremendo, totalmente destabilizzante.
Il 6 gennaio 1988 un aeroplano lasciò il Vallese con a bordo i parenti più prossimi di FXB per condurli nel deserto del Mali.
Per rendere omaggio alla memoria del figlio, nel 1989 la madre insieme all'aiuto di familiari e amici, fondò sia la FXB Foundation sia la FXB International. Per finanziare queste attività vendette tre quarti delle sue partecipazioni commerciali, oltre a dipinti, oggetti d'oro e d'argento d’età precolombiana e la sua casa di campagna vicino a Parigi, raccogliendo circa 100 milioni di dollari.
Con una parte di questi soldi furono avviati vari programmi di aiuto e sostegno, tra cui uno di cure palliative a domicilio per i malati terminali in Svizzera e Francia, la centrale di soccorso degli elicotteri di Sion e una cattedra presso l'Università del Michigan dove il François Xavier aveva studiato.
Oggigiorno FXB International è attiva a livello mondiale in 5 aree (Villaggi FXB Sviluppo economico e comunitario - Educazione - Nutrizione, Salute, Acqua e Igiene - Protezione e Cambiamento climatico). L’organizzazione FXB sviluppa programmi che promuovono il rispetto dei diritti umani fondamentali e la giustizia sociale. Le sue attività rafforzano la capacità di azione e di sviluppo delle comunità in cui FXB interviene.
Dalla Cina al Sud Africa, Mongolia, India o Rwanda, l’organizzazione FXB opera in tutto il globo per eradicare l’estrema povertà a promuovere la giustizia sociale tra le popolazioni più emarginate.
Ad oggi 18 milioni di adulti e bambini hanno beneficiato dei programmi di sviluppo economico e comunitario, riabilitazione delle infrastrutture, accesso all'acqua e ai servizi igienici, educazione, prevenzione e consapevolezza.

Link interessanti

Visitate il link dell’organizzazione FXB: FXB International | Ending poverty, restoring dignity - FXB | Ending poverty, restoring dignity

Sapevate che…

Il nome di François-Xavier Bagnoud è stato dato a un osservatorio astronomico (Observatoire François-Xavier Bagnoud situato sopra il villaggio di Saint-Luc in Vallese), così come a un premio che viene assegnato ogni due anni per risultati eccezionali nel campo aerospaziale.
Anche l'edificio di ingegneria aerospaziale dell'Università del Michigan porta il suo nome.
Il nome di François-Xavier Bagnoud è stato dato anche alla Cabane de Panossière (Cabane F.-X. B. Panossière), situata a 2’645 metri nelle Alpi Vallesane.

HAB 05/2021